lunedì 2 agosto 2010

CRITICA STEFANO FACCINI


CRITICA STEFANO FACCINI

Nel panorama dei giovani scultori emergenti della scultura contemporanea, Stefano Faccini è senza dubbio l’artista più interessante.
Faccini è l’artista che parte da lontano. Parte dal mestiere, che tradotto significa conoscere profondamente la materia che trasforma in immagini. Di Stefano Faccini si può usare il termine scultore senza ricorrere all’aiuto di sillogismi. Faccini nasce scultore nel momento in cui nel suo “io” si sente profondamente artigiano. Il termine artigiano è per lui una condizione di crescita interiore. Il passaggio alla scultura diventa naturale, perché naturale è la trasformazione della materia in sostanza vitale. Le sue opere non appartengono allo stereotipo di immagini viste, riviste e codificate, le sue opere appartengono al quotidiano, perché al quotidiano appartengono la realizzazione della sedia, delle sagome, le realizzazioni informali. Faccini racchiude la totalità del creare; le sculture sono una serie di felici complicanze, che nascono dalla necessità dell’artista di porre la propria soggettività al confronto con il momento oggettivo di una realtà quotidiana in continua trasformazione. Le sue opere non sono concepite come stilizzazione; emerge con forza dalle sue opere la sensibilità dell’artista che, tramite l’astrattismo, cerca risposte al presente. Il presente è rappresentato non da una stilizzazione legata a rimandi formali o a obblighi iconografici. Il presente per Stefano Faccini è la ricerca continua con la materia. Le sue opere emanano un’insolita forza, una forza legata all’origine della materia lavorata; prevale la forza della natura se si tratta di legno, prevale la forza della montagna se si tratta della pietra. Le sue diventano opere totemiche, dinanzi alle quali lo spettatore osserva e riflette sulla simbiosi della realizzazione insita nella materia. La tradizione e la modernità nelle sue realizzazioni non sono separate, perché la modernità è consequenziale alla tradizione. Altro fattore che colpisce nell’osservare le sue opere è la figura, che non è mai un corpo amorfo, ma è fortemente legata al paesaggio. La figura nelle sue realizzazioni è intensità che scandisce l’immaginazione dell’artista. Osservando le opere non può non colpire la circolarità delle simmetrie che riconduce sempre fortemente alle dimensioni umane. Lo scultore crea, trasforma, incide, per rendere poesia la propria creatura. Il concetto del mutamento che Publio Ovidio Nasone descriveva nelle Metamorfosi: “L’estro mi spinge a narrare di forme mutate in corpi nuovi”. Le forme nella scultura di Faccini mutano sia nelle realizzazioni informali, dove si evidenzia l’irrazionalità del presente, sia nelle realizzazioni figurative, dove la lettura dell’opera trasporta lo spettatore ad una retrospettiva storica oggettiva. Le opere appartengono ad uno spazio e tempo dove l’artista crea immagini che si proiettano in realtà indefinite. Faccini riesce con le sue opere a emozionare creando sensazioni destinate a incrociarsi e sovrapporsi alla monotonia di un quotidiano spesso ripetitivo.



Roberto Franco